Secondo anniversario dell'inizio dell’aggressione russa: riflessione del Rev. Don Augustyn Babiak

26 febbraio 2024

In occasione del secondo anniversario della guerra su vasta scala della Russia contro l'Ucraina, il sacerdote dell'Esarcato Apostolico e storico della Chiesa, Rev. Don Augustyn Babiak, riflette sull'immoralità delle azioni dei russi, sul ruolo della Chiesa nel sostenere le persone che soffrono e su quali dovrebbero essere le azioni dei cristiani in queste circostanze.

Secondo anniversario dell'inizio dell’aggressione russa: riflessione del Rev. Don Augustyn Babiak

Nell’enciclica Populorum progressio (1967) è scritto che «Le disuguaglianze economiche, sociali e culturali troppo grandi tra popolo e popolo provocano tensioni e discordie, e mettono in pericolo la Pace». Papa Paolo VI sosteneva che la pace non è l’assenza di guerra, ma il desiderio di ricercare, giorno dopo giorno, l’ordine di Dio: un’armonia più perfetta tra gli uomini. La guerra, nella sua essenza, è una sconfitta sia per l’umanità che per l’individuo, perché distrugge la vita e rompe la rete di relazioni nella comunità.

Nell’enciclica Sollicitudo rei socialis (1987) papa Giovanni Paolo II riflette: «Come giustificare il fatto che ingenti somme di denaro che potrebbero e dovrebbero essere destinate a incrementare lo sviluppo dei popoli, sono invece utilizzate per l’arricchimento di individui o di gruppi, ovvero assegnate all’ampliamento degli arsenali di armi, sia nei Paesi sviluppati sia in quelli in via di sviluppo, sconvolgendo così le vere priorità?».

La corsa agli armamenti e la volontà di un Paese di affermare con le armi il proprio potere calpestano i diritti delle singole Nazioni. Infatti, «accade spesso che una Nazione viene privata della sua soggettività, cioè della ”sovranità” che le compete nel significato economico ed anche politico-sociale e in certo qual modo culturale, perché in una comunità nazionale tutte queste dimensioni della vita sono collegate tra di loro. Bisogna ribadire, inoltre, che nessun gruppo sociale, per esempio un partito, ha diritto di usurpare il ruolo di guida unica perché ciò comporta la distruzione della vera soggettività della società e delle persone-cittadini, come avviene in ogni totalitarismo».

Queste parole dei due Santi Papi restano drammaticamente attuali in questo momento storico in cui, per citare le parole di papa Francesco, «l’umanità è travagliata da una Terza guerra mondiale in pezzi».

Il 24 agosto 1991 il Parlamento Ucraino ha proclamato l’indipendenza della Repubblica Democratica Ucraina e il successivo 1 ° dicembre, con un referendum nazionale, più del 93 % della popolazione ha votato per staccarsi totalmente dell’URSS e veder garantita la sovranità e integrità dello Stato Ucraino, Crimea compresa.

Nel 1994 a Budapest (Ungheria), in un summit alla presenza dei rappresentanti di Stati Uniti, Russia, Francia, Germania ed Inghilterra, l’Ucraina ha firmato un accordo con il quale rinunciava liberamente all’uso delle armi nucleari in cambio della sua garantita sicurezza, indipendenza e sovranità nazionale. La Russia ha firmato per prima questo memorandum senza alcuna riserva, ma in seguito il presidente Putin violando le leggi internazionali ha preso tutti in contropiede e ha aggredito l’Ucraina.

Nessun profeta, né un politico, né un uomo di Chiesa, poteva prevedere che nel XXI secolo la vecchia Europa, dove Libertà, Democrazia e Fraternità sono ben radicate, sarebbe stata testimone di una barbara e crudele aggressione ad un Paese libero e sovrano che vuole vivere e condividere i valori di un mondo civile.

L’Ucraina che ha patito l’oppressione nazista e comunista — ricordiamo il genocidio provocato novant’anni fa da Stalin con l’Holodomor, cioè la Grande Fame — ora sperimenta la brutalità della guerra, passaggio drammatico di una strategia neoimperialistica, che mira a sottometterla al giogo di Mosca, avviata nel febbraio 2014 con l’Anschluss della Crimea, trasformatosi, qualche mese dopo, in palese aggressione militare camuffata dal pretesto dell’appoggio ai separatisti della regione del Dombas.

Il popolo ucraino si è mobilitato, eroicamente resiste e si oppone a questa aggressione feroce e insensata. Soffre, lotta e paga un prezzo tragicamente alto in termine di morti, feriti, stupri, deportazioni di bambini, distruzione di case e infrastrutture civili.

Qual è la posizione della Chiesa greco-cattolica di Kyiv nei confronti della guerra in corso? Il nostro Arcivescovo maggiore, Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, nell’esortare i fedeli ucraini ad unirsi alla Chiesa universale, a pregare davanti al volto di Dio misericordioso e ad implorare senza sosta la Pace, ha detto che «all’idea della guerra non ci si può rassegnare poiché la guerra è sempre una tragedia e come tale deve assolutamente finire in un accordo di pace».

Costruire la pace chiede la virtù della perseveranza nel bene. Non bisogna rassegnarsi. La guerra ha una logica viziosa e maligna. Gli uomini che la cominciano ne diventano poi schiavi, perché la guerra s’impadronisce di tutto e abbrutisce l’uomo.

La nostra Chiesa condanna ad alta voce la guerra ed è solidale con il popolo che soffre. Le sue armi sono la preghiera e le opere di carità. Lo fa anche la Chiesa ortodossa ucraina autocefala, che dipende dal Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, mentre la Chiesa ortodossa che dipende dal Patriarcato di Mosca, legata strettamente al presidente Putin, sostiene fedelmente l’ideologia di chi si è proclamato «difensore della vera ortodossia» e portatore della vera «pax russa» cioè neo-sovietica nei paesi «oppressi dell’Occidente malvagio, corrotto e moralmente decomposto».

La nostra Chiesa, in filiale sintonia con papa Francesco, implora Dio perché illumini gli uomini a scegliere la strada del bene dei popoli, a scongiurare il male degli egoismi e a ristabilire nel dialogo una pace duratura e giusta.

La diplomazia della Santa Sede è in azione per arrivare ad una pace fra i due contendenti. Il delegato del Papa, il cardinale Matteo Zuppi, è stato accolto bene in Ucraina, ma a Mosca ha trovato parole di nostalgia per l’imperialismo post sovietico e il colonialismo della grande Russia.

In Ucraina le varie comunità cristiane, le comunità ebraica e musulmana, senza ambiguità, hanno condannato l’aggressione della Federazione Russa ed anche la posizione cinica ed anticristiana del Patriarcato di Mosca: è a tutti nota l’affermazione di papa Francesco che ha definito il patriarca Kirill «chierichetto di Putin». Al contempo queste comunità cristiane fanno tutto il possibile per far passare il messaggio evangelico della Concordia, della Speranza, della Pace e prosperità.

Tutta la comunità dell’Esarcato Apostolico per i fedeli cattolici ucraini di rito bizantino residenti in Italia è in costante trepida attesa delle notizie che provengono dall’Ucraina. Si raduna, prega e si mobilita, avendo come punto di riferimento le chiese parrocchiali o cappellanie affidateci dai vescovi italiani. Qui, ogni domenica, raccogliamo offerte e beni di consumo per gli orfani, le vedove e le persone che in questo momento restano nel bisogno in Ucraina; collaboriamo inoltre con varie associazioni umanitarie italiane alle quali rivolgiamo sentimenti di riconoscenza per la vicinanza e la generosa solidarietà che manifestano nei confronti del nostro popolo.

Arriveremo ad una Pace? Adesso non vediamo i frutti dell’azione di tanti uomini di buona volontà e il male sembra dilagare inarrestabile. È prematuro parlare di riconciliazione e purificazione della memoria perché le ferite sono profonde e sanguinano. Ci vuole tempo, ma ci affidiamo fiduciosi all’Amore di Dio perché con lui tutto è possibile.

Il futuro del popolo ucraino e del popolo russo sta nelle loro mani. Senza giustizia non c’è pace vera e duratura: entrambe le parti devono praticare e far trionfare la giustizia nella verità, consapevoli che anche il tempo concorrerà a sanare ferite profonde, ma guaribili solo con la buona volontà e la libertà nel dialogo sincero.

Furono proprio queste le armi del metropolita di Leopoli, il Venerabile Andrea Szeptyckyj (1865–1944) di cui è in corso il processo di beatificazione, una figura esemplare, lungimirante e di straordinaria attualità per la visione profetica e la forte tensione ecumenica che lo hanno animato.

Sopravvissuto a due guerre mondiali, durante i quarantaquattro anni del suo servizio episcopale come monaco e vescovo, fedele alla Cattedra di Pietro e appassionato sostenitore della spiritualità bizantina, non mancò di denunciare sempre «per amore del suo popolo» i pericoli insiti nelle ideologie nazista e comunista che seminavano orrori nel mondo.

Don Augustyn BABIAK
Trento-Bolzano

Rev. Don Augustyn Babiak, nato in Polonia nel 1959, è sacerdote cattolico di rito bizantino. Ordinato presbitero nel 1986 a Przemyśl (PL), nel 1999 ha conseguito il dottorato in Teologia presso l’Università Cattolica di Lione in Francia. Da molti anni è cappellano delle comunità dell’Esarcato Apostolico a Trento, Bolzano, Merano e Rovereto. Autore di numerosi articoli sulla storia della Chiesa greco-cattolica ucraina e sul metropolita Andrea Szeptyckyj.

Ultimo libro di don Augustyn è «Per amore del suo popolo La vita eroica del metropolita Andrea Szepetyckyj (1865–1944)»

Foto: Sito della Chiesa Greco-Cattolica Ucraina

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